A Torino un “social market” per le famiglie impoverite dalla crisi

BELLE IMPRESE. Iniziativa dell’associazione “Terza settimana”, con Compagnia San Paolo e Caritas. Un modello virtuoso di welfare non statale:
gli enti selezionano le famiglie in stato di necessità, che compilano la lista della spesa e la ritirano.  

Selezionare le famiglie che possono accedervi, facendosi inoltre carico, a seconda dei casi e del reddito, del costo totale o parziale dei
loro acquisti.
“Noi non facciamo da filtro, – spiega Bruno Ferragatta , presidente di Terza settimana – ci limitiamo ad accogliere nel market tutti coloro che ci vengono segnalati dagli enti con cui collaboriamo. Anche alcune parrocchie e associazioni di volontariato vengono ad approvvigionarsi da noi”. I clienti del market compilano la lista della spesa direttamente su un terminale informatico posto nel banco del negozio; quindi la consegnano al commesso, che gli consegna ciò che chiedono. “Generalmente – continua Ferragatta – non ci occupiamo di povertà estrema. Quasi tutti i nostri clienti fanno parte di quella lunga fila di persone messe in difficoltà dalla crisi. Gente che ha perso il lavoro o è stata messa in cassa integrazione.
Noi cerchiamo semplicemente di agganciarli a una situazione di normalità, coprendo una mancanza di reddito scavata dalla crisi economica”. Il Social market è nato nel febbraio scorso, a un anno esatto dalla nascita del primo progetto messo in piedi dall’associazione Terza settimana, quello dell’Emporio Solidale. Il quale, da un anno e mezzo, consegna gratuitamente 15 kg di frutta e ortaggi a famiglie selezionate con gli
stessi criteri validi per il market.
“Tra i due progetti – prosegue il presidente – oggi serviamo più di 300 famiglie. Nel 2012 abbiamo effettuato più di 6 mila consegne, mentre quest’anno siamo attorno alle 10 mila spese ritirate e consegnate”.
Una mole di lavoro non indifferente, sbrigata con l’aiuto di una grossa rete di volontariato: al momento, sono più di 100 i volontari che prestano servizio nei due progetti. “Molti di loro – precisa Ferragatta – sono studenti delle scuole superiori. Il che è un aspetto da non sottovalutare, se si considera che stiamo cercando di costruire e diffondere una nuova cultura del welfare, che vede il cittadino intervenire in prima persona. Per lo stesso motivo,  cerchiamo di coinvolgere anche i beneficiari delle nostre iniziative, chiedendo la loro disponibilità a lavorare con noi per quattro ore al mese”.

08/07/13 – Redattore Sociale