«Un venerdì pomeriggio ci fermiamo da una famiglia per la consueta fornitura di frutta e verdura. Una signora sola con quattri figli. La signora ha cercato di mostrarsi non bisognosa di aiuti dicendo che se avevamo qualcun altro a cui dare quei prodotti avremmo potuto farlo. La figlia più grande da dietro le spalle della madre ci implorava a segni di non ascoltarla perché ne avevano invece un’estrema necessità. Ho capito come sia difficile accettare questa nuova condizione».
Anche a Torino si fruga nei cassonetti. Per mangiare, per cercare qualcosa da rivendere. Come in tutta Italia, le famiglie che non arrivano a fine mese sono sempre di più. In assenza di politiche pubbliche tocca alle associazioni di solidarietà e volontariato intervenire per cercare di alleviare la povertà. A questo scopo, nel 2011, è nata l’associazione «Terza Settimana», in cui oggi operano – tra gli altri – 120 ragazze e ragazzi delle scuole superiori. Lo scorso anno questi volontari hanno consegnato a centinaia di famiglie qualcosa come 70 mila chilogrammi di frutta e verdura. Una bella lezione per tutti.
Torino, la città che nel 2006 ha ospitato le Olimpiadi invernali, vive oggi una profonda crisi condividendo la situazione di molti altri grandi centri urbani italiani. Abbiamo cominciato ad assistere a episodi a cui non eravamo preparati, come il rovistamento nei cassonetti per cercare qualche prodotto commestibile o qualche «rifiuto» da rivendere o riciclare. D’altra parte, i negozianti testimoniano che, prima del 20 del mese, le persone in difficoltà economica cominciano a cercare prodotti in superofferta o le sottomarche. In alcuni casi, quando i commercianti lo permettono, si acquista facendo debiti anche per acquistare il pane.
Da alcuni anni i media hanno iniziato a commentare una nuova realtà sociale: le difficoltà di un numero crescente di famiglie italiane a raggiungere la fine del mese perché i soldi finiscono prima. Di povertà eravamo abituati a parlare, ma non dell’indigenza di chi ha un reddito, la vera novità di questi ultimi anni.
FAMIGLIE SENZA CIBO (A CASA NOSTRA)
Nel 2011, durante un incontro sulle nuove povertà, con alcuni colleghi insegnanti di religione delle scuole superiori di Torino abbiamo commentato con preoccupazione i dati sul fenomeno rilevati nel nostro paese. A quel punto abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa. Abbiamo così iniziato un dialogo con alcuni importanti centri torinesi che si occupano di assistenza e sostegno dei più deboli: il centro «Due Tuniche» della Caritas diocesana e l’«Ufficio Pio» della Compagnia di San Paolo. L’incontro ha confermato i dati rivelando che molte persone si rivolgono ai centri di assistenza anche per chiedere un aiuto in cibo. È emerso così come siano ormai migliaia le famiglie che ricevono generi alimentari da parrocchie, enti, associazioni di volontariato. Per soddisfare le richieste delle famiglie prese in carico, i vari centri pagano le spese alimentari presso alcuni punti commerciali. Dato che tra i prodotti più carenti spiccavano quelli freschi come la frutta e la verdura, attorno a questi generi alimentari abbiamo avviato l’attività dell’associazione «Terza Settimana».
L’«EMPORIO SOLIDALE»: GRATUITÀ E VOLONTARIATO
«Emporio Solidale» è il nome del primo progetto della notstra associazione. Nasce a fine 2011 grazie alla Compagnia di San Paolo. Esso si ispira alla legge n. 155, entrata in vigore nel luglio 2003, che disciplina la «Distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale». L’iniziativa prevede la distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari ortofrutticoli.
La frutta e la verdura vengono fornite gratuitamente, ogni settimana, da un importante partner privato, specializzato nell’ortofrutta: la «Ortobra srl». Con due furgoni ci rechiamo ai mercati generali per caricare patate, carote, insalate, carciofi, pomodori, broccoli, cime di rapa, kiwi, meloni, banane e quant’altro a seconda della stagione. I prodotti vengono quindi scaricati nella sede dell’associazione dove i volontari provvedono a preparare le cassette, riempiendole a seconda della consistenza numerica della famiglia aiutata. Infine, le cassette di frutta e verdura vengono portate da altri volontari al domicilio dei beneficiari. Nel 2012 i nostri volontari hanno effettuato circa 6.020 consegne, per un quantitativo di circa 70.000 kg di ortofrutta, a 450 nuclei familiari per un totale di circa 1.660 persone tra cui più di 400 sono bambini di età inferiore ai 10 anni.
Le persone in stato di temporanea difficoltà (chi ha perso il lavoro o coloro che sono stati colpiti da un evento spiazzante come la malattia, la separazione,…) possono accedere alla spesa gratuita di ortofrutta rivolgendosi direttamente ai centri (Caritas, Ufficio Pio della Compagnia di san Paolo, Centri di ascolto parrocchiali…) che, attraverso una piattaforma web, ci comunicano le informazioni necessarie.
Tutto avviene senza uso di denaro e senza commercializzazione dei prodotti. I costi per lo svolgimento dell’attività sono sostenuti dagli enti segnalanti. A ciascuna delle persone beneficiarie si assegna una particolare card elettronica – fornita gratuitamente dalla «Qui Foundation» – con la quale si garantisce la tracciabilità del prodotto dalla nostra sede al beneficiario.
Con l’Emporio Solidale l’associazione Terza Settimana sperimenta un percorso in cui privati e imprese affrontano insieme problematiche sociali. E ciò nella convinzione che soltanto una responsabilità sociale condivisa a ogni livello della società può elaborare risposte efficaci alla crisi, aprendo nuove prospettive di collaborazione. In questo senso la crisi che stiamo attraversando può essere vista come un’opportunità.
IL «SOCIAL MARKET»
La legge finanziaria del 2008 (all’art.1 c. 266-268) riconosce ai cittadini la possibilità di creare dei «gruppi di acquisto solidali». Si tratta di soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi – senza applicazione di alcun ricarico -, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita.
Partendo da questa base normativa, nell’ambito degli interventi messi in atto per arginare la povertà, a inizio 2013 abbiamo aggiunto all’«Emporio Solidale» il progetto di un «Social Market», un gruppo di acquisto collettivo denominato Rap, «Rete di acquisto partecipato».
Il Social Market è un esempio di quella che tecnicamente viene chiamata Big society, che tradotto in slogan diventa «meno Stato, più società» ovvero «fare di più con meno risorse e rendere i cittadini più corresponsabili». Un supermercato solidale «fatto dalla gente per la gente».
La Rete di acquisto partecipato compera i prodotti attraverso Terza Settimana presso le piattaforme da cui si riforniscono i supermercati o, quando possibile, direttamente dai produttori.
In questo modo abbiamo valutato che si può già ottenere un risparmio medio complessivo del 20-30% rispetto ai prodotti venduti presso i supermercati (dato ricavato dalla media dei prezzi di un paniere fisso confrontato con i rivenditori più economici presenti sul mercato).
La filosofia del progetto dedica anche particolare attenzione all’elaborazione di una forma di reciprocità proposta ai beneficiari che, se lo vorranno, potranno «restituire» in termini di ore-volontariato da effettuare nel supermarket o all’Emporio Solidale con un impegno di 4 ore al mese. Naturalmente l’applicazione di questo principio avverrà qualora disponibilità e condizioni dei beneficiari lo permettano.
Con il Social Market continua l’impegno di Terza Settimana per camminare accanto alle persone che si trovano in difficoltà, sostenendole nella loro situazione di riduzione del reddito con proposte che permettano loro di non sentirsi escluse, anche se colpite dalla «trasformazione economica». Insomma, il salto tra un reddito pieno e una sua diminuzione non deve essere motivo di emarginazione sociale e disperazione.
LA CARICA DEI VOLONTARI
Il lavoro dell’associazione è reso possibile grazie a un folto gruppo di volontari che fanno funzionare i due centri di Borgo San Paolo: 40 adulti e 120 ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori nel 2012 hanno svolto 4.800 ore di volontariato.
L’iniziativa ha raccolto intorno a sé un significativo numero di persone che si sono presentate per offrire il proprio contributo.
Siamo poi rimasti favorevolmente stupiti dalla risposta ricevuta dagli studenti delle scuole medie superiori. Tanti ragazzi e ragazze si alternano – sono una ventina a settimana – per dare braccia e gambe al cuore: preparano, caricano e scaricano, consegnano le derrate alimentari. Tutto con la semplicità e l’allegria che li contraddistingue. Constatano direttamente i frutti del proprio operato e questo li rende ancora più motivati.
Racconta Carlotta: «Quando prepariamo le cassette di frutta e verdura per le famiglie, controlliamo quello che arriva selezionando un prodotto da distribuire che sia il più possibile integro. Lo scarto che prima gettavamo nei cassonetti della differenziata adesso lo appoggiamo all’esterno del negozio e mi stringe il cuore quando si forma un silenzioso e costante avvicinamento di persone che raccolgono quello che noi scartiamo».
Ed Eduardo: «Un venerdì pomeriggio ci fermiamo da una famiglia per la consueta fornitura di frutta e verdura. Una signora sola con quattri figli. La signora ha cercato di mostrarsi non bisognosa di aiuti dicendo che se avevamo qualcun altro a cui dare quei prodotti avremmo potuto farlo. La figlia più grande da dietro le spalle della madre ci implorava a segni di non ascoltarla perché ne avevano invece un’estrema necessità. Ho capito come sia difficile accettare questa nuova condizione».
Tra gli studenti alcuni arrivano a causa di un provvedimento di sospensione dalla scuola per motivi disciplinari. Arrivano spesso «imbronciati», forse per timore di vedersi giudicati, ma quando si accorgono di essere considerati esattamente come ogni altro volontario sparisce la diffidenza e inizia per loro la giornata di riscatto. Scoprendo qualcosa che non si aspettavano.
Bruno Ferragatta
docente di religione presso il Liceo scienze umane Regina Margherita, a Torino. Nel 2011 è stato tra i fondatori dell’associazione «Terza Settimana».
I dati del fenomeno
LA POVERTÀ ARRIVA SENZA BUSSARE
In Italia, la povertà si sta diffondendo a macchia d’olio. Pare incredibile, ma oggi milioni di persone chiedono un pacco alimentare o un pasto gratuito.
Negli ultimi 3 anni, in tutti i paesi ricchi le persone che non hanno disponibilità di cibo sufficiente per alimentarsi correttamente sono aumentate del 7 per cento. Gli italiani poveri che hanno chiesto un pacco alimentare o un pasto gratuito ai canali no profit hanno toccato quota 3,3 milioni. È quanto emerge dai dati Agea, presentati in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione (16 ottobre), che evidenziano una situazione allarmante anche sul territorio nazionale dove gli effetti della crescente disoccupazione e delle difficoltà economiche si sta facendo sentire anche a tavola.
La spesa alimentare è diventata il problema principale che quotidianamente debbono affrontare le famiglie povere in Italia. La stragrande maggioranza dei poveri (circa il 69 per cento) ha infatti modificato la quantità e/o qualità dei prodotti alimentari acquistati.
Anche l’Istat, nel suo ultimo rapporto sulla povertà in Italia, rafforza questo allarme parlando di 8 milioni di poveri. Nel 2011 (ultimo anno con statistiche ufficiali), l’11,1% delle famiglie è stato relativamente povero e il 5,2% lo è stato in termini assoluti. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari a 1.011,03 euro. La povertà colpisce quasi un quarto delle famiglie al Sud con un tasso di povertà relativa pari al 23,3% di cui l’8% è povero tra i poveri.
La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto al 2010 deriva dalla compensazione del peggioramento della povertà per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai – spiega l’Istat – con la diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti o impiegati.
In particolare, l’incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro e dall’8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia. Tra quest’ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%).
Decine di migliaia di utenti ogni anno popolano i servizi pubblici e privati per chiedere un aiuto economico. Purtroppo dal 2008 il trend di crescita ha registrato un incremento del 25% annuo.
Continua a crescere la quota di famiglie che «si sentono indifese nel far fronte a spese impreviste» (dal 32,0% del 2008 al 33,4% nel 2009), con tassi di crescita omogenei, anche se su grandezze differenziate sul territorio nazionale.
Sintomo di un permanente e accentuato senso di vulnerabilità e di fragilità della propria posizione sociale. Crescono anche – concentrate al Nord e al Centro – le famiglie rimaste indietro con il pagamento dei debiti diversi dal mutuo (dal 10,5% al 13,6%) e le famiglie del Centro e soprattutto del Nord (dove si registra in assoluto la crescita più forte di questo tipo di disagio, dal 4,4% al 5,3%) che dichiarano di non avere avuto sufficienti «soldi per acquistare cibo», sintomo estremamente preoccupante dell’irrompere della crisi, nei suoi aspetti più severi come l’impatto sul regime alimentare, in aree tradizionalmente «forti» dal punto di vista economico. Al Sud d’Italia l’impatto della crisi è stato meno evidentemente percepibile e anzi, grazie al raffreddamento dei prezzi, l’incidenza presenta una flessione. Non va però dimenticato che, nelle regioni meridionali, questo tipo di disagio ha assunto da tempo carattere endemico.
Bruno Ferragatta
Entrare nel Social Market
Le persone che vogliono far parte del Rap nel «Social Market» debbono avere alcuni requisiti di fondo:
- assenza di reddito o drastica diminuzione di reddito o reddito incapiente;
- essere segnalati da un Ente convenzionato.
L’Ente inviante durante l’operazione di filtro dovrà stabilire quale può essere la quota di partecipazione del beneficiario.
Rivista Missioni Consolata